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Internet@mico / IL FORUM DEL MESE / Ho una storia da raccontare / Una storia: la mia vita
Inserito:  29 Lug 2009 18:39
La storia che vorrei raccontare è ... la mia vita trascorsa. E' terminata in maniera repentina, inattesa, destabilizzante. Il riviverla con i ricordi mi distrugge e mi annienta. Eppure era stata una vita non comune, interessante e piena di interessi. Ho viaggiato, ho visto, ho conosciuto, ho sopratutto imparato, ed ora, questo immenso bagaglio, è divenuto un immenso fardello che mi apre gli occhi su errori imperdonabili commessi. Non vi è più possibilità per rimediare, non vi è più fantasia, desiderio o interesse che mi lega ad essa; solo una grande, disperata tristezza. Raggiunta l'età in cui i sogni, non le speranze, diminuiscono, la sconvolgente solitudine ti avvolge ed essa è accompagnata dalla tristezza di renderti conto di avere sprecato un "dono" che mi è stato regalato: la vita! Ora, a 58 anni, con un ictus che ha aggravato di molto le mie condizioni, nella più totale solitudine e con la consapevolezza di avere subito incredibili ingiustizie, ed essere stato in preda ad una moltitudine di persone incapaci, inette e che rubano il loro stipendio, mi rendo conto dell'unitilità di una esistenza vissuta con entusiasmo, curiosità e tanto amore. Con profonda angoscia mi rendo conto che non vi sono più vie d'uscita, gli interessi sono scomparsi, il bagaglio accumulato negli anni, di nozioni, conoscenze, esperienze etc. sono diventati dei souvenir inutili se non dei tremendi ricordi. Non so se sia il caso di continuare a raccontare, certo, la voglia è tanta ma la consapevolezza della sua inutilità maggiore. Ora sto accingendomi a compiere il mio ultimissimo viaggio. La paura è tanta, ma lo spirito è già in viaggio.
Inserito:  31 Lug 2009 23:29
Ciao, Antonio.
Il fatto che tu scriva  della tua vita e che ancora hai emozioni e considerazioni da fare, mi fa capire che, nella sofferenza che provi, hai una grande dignità e consapevolezza. La solitudine è qualcosa di terribile, ognuno vive la propria: a volte si odia, a volte ci si rifugia, ma è sempre unica, la sola a tenerci compagnia. Io, personalmente, cerco sempre di reagire, di farne "qualcosa di buono", ma non sempre ci riesco.
Mi collego spesso a questo sito, anche se non scrivo molto, e leggo le testimonianze scritte. Lo faccio per imparare a capire che attraverso la condivisione, anche se virtuale, si può fare molto contro l'abbandono di se stessi. E ti ringrazio per aver lasciato la tua storia: anche la tua è importante.
Mi piacerebbe sapere di più di questa tua vita così ricca di esperienze, così non comune... Potresti dare ancora molto agli altri, anche se vivi una situazione così difficile...
Credo che nessuna vita sia inutile (molto spesso anche io dico questo della mia); e credo, anzi, che ogni attimo di vita, ogni istante unico e prezioso, possa avere il potere di compiere dei piccoli, grandi miracoli. La cosa difficile, caso mai, è riuscire a cogliere l'attimo.
Spero di poter leggere ancora qualcosa di te.
Un grosso abbraccio di cuore.
Laura
Inserito:  01 Ago 2009 10:08
Cara laurella,
Permettimi di offrirti una carezza e che essa possa riscaldarti almeno quanto la lettura del tuo messaggio ha procurato alla mia anima. Non devi ringraziarmi per il prologo della mia storia perchè essa è terribilmente triste nel suo epilogo, almeno quanto incredibilmente ricca e piena di soddisfazioni sino a 4 anni addietro. In questo periodo sto sistemando alcuni desideri, gli ultimi, per potermi congedare gridando forte gli incredibili errori che sono stati commessi a mio danno. Ho il timore di creare disagio e malessere in coloro che per curiosità, andranno a leggere questo "romanzo". In questo momento non sono in grado psicologicamente di proseguire, proverò più tardi appena riuscirò ad avere la serenità giusta. Il tempo non mi manca, esso è completamente a mia disposizione. Cercherò di ricompensare il regalo che mi hai fatto leggendomi. Grazie di cuore, ti considero già un'amica e quindi, ti propongo un patto: non ci ringrazieremo più vicendevolmente perchè l'amicizia non richiede nulla, è un regalo di cui tutti abbiamo bisogno e ci gratifica come poche altre cose nella ns esistenza.
Ricambio l'abbraccio.
Antonio
Inserito:  02 Ago 2009 01:47
Caro amico mio, sono contenta che mi hai risposto. Volevo solo dirti ancora che la tua sofferenza non sminuisce il fatto di essere qui a scrivere e a lasciare la tua testimonianza. Non è un semplice "esistere", ma una traccia indelebile per chiunque leggerà le tue parole. Forse non ne puoi capire l'importanza perché pensi di essere soltanto inutile, come dici.  E, forse, non lo sai,  ma hai salvato una vita. E come te, tutti gli altri che raccontano le loro sofferenze, senza avere uno scopo preciso, magari solo per sfogarsi, contribuiscono alla condivisione e all'auto-aiuto. Questo, per me, è il dono più bello, visto che sono ancora qui a scrivere e che, tutti i giorni, cerco di trovare la forza per lottare contro me stessa e dare un senso alla mia vita.
Erano tre mesi che non scrivevo più in questo sito, perché sono avvenute delle cose molto dolorose nella mia vita che, anche io come te, non riesco a condividere. Tante volte ci ho provato, mi collegavo, leggevo e non avevo il coraggio di scrivere nulla, perché mi sentivo di essere più dannosa che altro. Bè, ancora non ci riesco. Anche io ci proverò più avanti. Ora, comunque, sto cercando di reagire, anzi ho reagito, come sempre, tirando fuori da me tutte le risorse possibili, fino a spremermi come un limone. E sono riuscita a vivere qualche momento di serenità, anche inventandomelo. Facendo così, i problemi  non li risolvo alla radice, anche perché non dipende tutto da me, ma sono viva. So di  avere un disagio mio personale di cui mi prendo le mie responsabilità, ma non ho un ambiente familiare sereno a cui poter ricorrere nel momento del bisogno. Anzi, la causa è spesso proprio lì: un muro invalicabile che, se tento di scalfire, rischia di cadermi addosso.
E così, per me, molto spesso è meglio tirare a campare, vivere giorno per giorno "un po' per celia e un po' per non morire".
Ti abbraccio ancora e sento una grande voglia di ringraziarti, ma non lo farò, perché voglio rispettare il tuo patto.
A presto, Laura
Inserito:  02 Ago 2009 12:10
1a Parte:Una storia - La mia vita

E'iniziata nel 1950, 13 novembre. Pochi ricordi, alcune nozioni.Ho due sorelle, di cui una, gemella, con sindrome di Down. E'importante questo dettaglio, perchè condizionerà la mia esistenza, profondamente sia positivamente che negativamente. Ho un padre severo ed infantile. Una madre cresciuta orfana e quindi con pochi riferimenti.
Nel 1957 ci trasferiamo a Goa, allora colonia portoghese in India. E' straordinario per un ragazzino, conoscere tutti gli aspetti di una Società così differente dalla ns. La mia curiosità viene stimolata in maniera sorprendente, e con essa ovviamente una mole impressionante di nozioni, interessi e desiderio di ascoltare il prossimo. Primo anno in un collegio salesiano in cui la disciplina mortificava le mie curiosità. Secondo anno scuola pubblica. Immagino, il sogno di ogni ragazzino. Edificio: una capanna, seduti su di una piccola stuoia personale e come accessorio per prendere nota della lezione in corso, una piccola lavagnetta con gesso. Unico "bianco". Fuori, un albero secolare di Tamarindo, i cui frutti (fave) vengono presi, a gara, per regalarmeli. Autista accanto ad una minuscola NSU Prinz, che attende pazientemente tutto il giorno sino alla fine delle lezioni. Materie uniche insegnate: Matematica, Scienze, Portoghese, Inglese. Sovente all'uscita di scuola, a turno, accompagno a casa un compagno/a di classe. Di religione Indù, sono curiosissimo di vedere come vivono; imparo il dialetto locale e mi sento un piccolo Darwin. Scopro un mondo incantato, una filosofia così diversa che mi affascina. I portoghesi che governano la colonia, usano come forze militari, dei "colossali" monzambichiani (Monzambico), che al confronto dei locali sono realmente dei giganti. Vedo animali, piante, fiori,frutti sconosciuti, affascinanti. Il lato avventuroso della mia personalità viene sollecitato in maniera esaltante. La mia adorata gemellina" non stà con noi, Lei è rimasta in un "collegio" in Italia e questo, è l'unico stress a cui sono soggetto. I ricordi di quegli anni sono immensi che da soli riempirebbero volumi. Nel 1960, guerra di liberazione della colonia, e quindi dopo alcuni mesi drammatici, e con ricordi poco sereni, rientro in Italia. Torino, 1961, 100° anniversario dell'Unità d'Italia. Frequento le elementari, non sono abituato a stare seduto sulla sedia, solo a gambe conserte, il banco mi opprime, debbo recuperare la lingua, le nozioni ed il modo di vivere occidentale. La mia curiosità è nuovamente stimolata. Imparo ed accumulo un'altra quantità di esperienze. Nel 1963 vengo messo in collegio, ovviamente dai Salesiani, a Valdocco, centro storico in cui Don Bosco iniziò la Sua immensa Opera. Anno difficile, sono più vecchio dei miei compagni di corso, ed ho accumulato esperienze che gli "altri" credono opera della mia fantasia. La disciplina è componente essenziale e principale, imparo ad adeguarmi. Nell'estate '64 vengo inviato in Colonia, con gli stessi Salesiani, a Cogne (Valle d'Aosta). Scopro un mondo sconosciuto, vi sono nato in Valle, ma non vi ho mai risieduto. Le montagne, il luogo, il modo di vivere, tutto mi affascina e stimola la mia curiosità, il desiderio di apprendere cose nuove mi aiuta a imparare ad accettare aspetti disciplinari severi, imparo che per ottenere occorre prima di tutto accettare le regole. Inizio ad imparare il Francese. Nel Natale '64, frequento la seconda media, la mia famiglia si trasferisce in Calabria per motivi di lavoro. Nuovamente, un ambiente totalmente differente da quelli conosciuti sino ad allora. Perdi tutti gli amici acquisiti, ne trovi dei nuovi. Ti devi rimodulare per apprendere nuovi modi di vivere, che per certi aspetti, sono totalmente differenti da quelli vissuti sino adesso. Il mio interesse di apprendere accresce ed in poco tempo imparo il dialetto locale (Nicastro ora Lamezia Terme). Nell'anno scolastico '65-'66 frequento la terza media e un avvenimento inaspettato, si verifica. Sarà l'Avvenimento che, associato a quello già descritto della sorellina, influenzerà, nel bene e nel male, la mia esistenza. Sino ad ora ho accumulato nozioni, interessi, curiosità mà non sono riuscito a costruirmi attorno, un serbatoio di amicizie, le quali, sono di fondamentale importanza anche se a volte effimere. Via via ho iniziato a costruire un edificio le cui fondamenta sono deboli.
Inserito:  03 Ago 2009 10:37
Tratto da "Demian" di Hermann Hesse:

"Se non fossimo qualcosa di più che uomini unici, se si potesse veramente togliere di mezzo ognuno di noi con una pallottola, non ci sarebbe ragione di raccontare storie. Ogni uomo, però, non è soltanto lui stesso; è anche il punto unico, particolarissimo, in ogni caso importante, curioso, dove i fenomeni del mondo s'incrociano una volta sola, senza ripetizione. Perciò la storia di ogni uomo è importante, eterna divina, perciò ogni uomo, fintanto che vive in qualche modo e adempie il volere della natura, è meraviglioso e degno di ogni attenzione"
Inserito:  04 Ago 2009 23:55
2a Parte: Una storia- La mia vita

Nell'inizio dell'estate '66, mentre sto sostenendo gli esami di terza media, vengo attratto da un manifesto appeso nel corridoio della scuola. E' un volantino che invita ad iscriversi all'Ist. Nautico per diventare C.L.C (Capitani di lungo corso o Direttori di Macchina a bordo di navi mercantili). E' un colpo di fulmine! Finalmente ho trovato quello che mi affascina, quello che assorbirà tutte le mie energie, passioni e desideri. Inizio a fantasticare, viaggi, avventure, desiderio di scoprire cose nuove. Riesco a "convincere" i genitori che quella è la strada che io desidero percorrere altrimenti, interrompo gli studi. E' stato un ricatto mà, a fin di bene. Per frequentare tale Istituto dovrò fare dei grossi sacrifici: alzarmi alle quattro, viaggiare 2 ore all'andata e 2 al ritorno, in quanto debbo recarmi a Pizzo Calabro, 40 KM. di distanza. Non importa, sono cosciente che ogni traguardo richiede dei sacrifici. Per realizzare i propri sogni occorre impegnarsi e sacrificare tutto il possibile, e quando si riusciranno a realizzare, perchè è sicuro che si riuscirà con un minimo di fortuna, il compenso sarà doppio. Sogno realizzato e compiacimento per il traguardo raggiunto. Sono stati anni duri ma, profiqui. Per non disperdermi nel programma di studi ho privilegiato alcune materie: Matematica, Navigazione, Astronomia ecc. e ne ho sacrificate altre; l'inglese in particolare. Sono giunto così all'esame di stato, che ho superato brillantemete. In quegli anni ho avuto la fortuna di condividere l'amicizia con diversi compagni di scuola e non, che purtroppo ho perso. Nel 71-72 ho svolto il servizio di leva obbligatorio in areonautica. A Cameri (presso Novara) nel 53° Stormo caccia. Nel Aprile 1973 inizia, finalmente, il sogno della mia vita: navigare, viaggiare scoprire cose nuove. Ho una fortuna sfacciata, come allievo di coperta, inizio con navi che all'epoca erano all'avanguardia della tecnologia e così ho modo di apprendere moltissimo. Parole come fax, GPS, computers erano il pane quotidiano. I viaggi incredibili, lo spettacolo della natura con i suoi crepuscoli, albe, tramonti ai tropici, in zone equatoriali, unici, indimenticabili. Delfini, pinguini, otarie, sula, fregate da togliere il fiato. Ho la possibilità di giungere in porti in cui mai un turista avrà occasione di andare, oppure in altri ove dovranno spendere un notevole gruzzolo di danaro. Vedo così Cape Town, Buenos Aires, New York, Rio de Janeiro, oltre a moltissimi porti europei. Debbo accumulare 18 mesi di navigazione per potermi presentare al primo esame necessario per proseguire la carriera: il patentino di Aspirante C.L.C.
Imparo subito che la materia che avevo scartato nel periodo scolastico, è di primaria importanza e quindi, sto provvedendo ad accumulare danaro per potermi recare in Gran Bretagna ed apprendere la lingua, con la mia ormai divenuta puntigliosità, pignoleria e desiderio innato di imparare. Non è mia intenzione assillarmi nel proseguire la carriera velocemente bensì, nell'ottenere la stima, la fiducia e l'apprezzamento dei superiori, perchè acquisendo la loro, fortifico la mia autostima e le mie competenze. Nel 1975, mese di aprile, interrompo la mia occupazione e l'inizio di maggio, mi reco in Inghilterra per frequentare un periodo di sei mesi di corso intensivo d'Inglese. Vivrò in una famiglia ospite e seguirò le lezioni in un'istituto per studenti stranieri. Non lo so ancora, ma il destino mi sta aspettando per la terza ragione importante e fondamentale della mia vita.
Inserito:  07 Ago 2009 11:51
Tratto dal "Gitanjali" di Tagore

In molti giorni oziosi ho pianto sul tempo perduto.
Ma non è mai perduto, signore.
(...)
Ero stanco e dormivo pigramente nel mio letto
e immaginavo che ogni lavoro si fosse fermato.
Al mattino mi destai
e trovai il mio giardino tutto pieno di un miracolo di fiori.
Inserito:  08 Ago 2009 23:19
3a Parte: Una storia - La mia vita

In questo ultimo periodo ho letto con angoscia ed estremo interesse i messaggi lasciati dagli utenti. Ho cercato di trattenermi dal voler intervenire perchè non desidero aggiungere od apportare angosce su angosce. Ho un profondo rispetto su coloro che soffrono ed auguro loro di trovare ciò che io non riesco più: una forza morale residua ed un amico che riesca a trascinarli fuori dalle angosce e sofferenze. La reale motivazione che mi ha spinto a iniziare questo mio racconto è stato l'immenso desiderio di lasciare una traccia del lungo viaggio iniziato 58 anni addietro. Non possiedo altri mezzi. La vita è una strada minata e nel momento meno atteso, ci può esplodere in viso. Il poter soddisfare il proprio istinto di essere ricordati, il credere di essere stati dei "compagni di viaggio" più o meno corretti e di avere condiviso passioni, interessi e sentimenti credo, aiuti molto a raggiungere la pace con noi stessi negli ultimi istanti di vita, sia per scelta (come la mia), sia per disgrazia o per naturale evoluzione biologica. Non possiedo affetti, amicizie o semplici conoscenze che potranno o vorranno ricordarmi serenamente e con giustizia. Negli ultimi quattro anni, sono stato letteralmente fatto a pezzi. Ingiustamente, inaspettatamente e con una viltà straordinaria. Quello che un individuo riesce, non senza conseguenze, a superare se tali azioni vengano commesse a suo danno in una vita, se, come nel mio caso, vengono condensate in un brevissimo lasso di tempo, beh! il risultato è catastrofico, distruttivo. Ero forte, volitivo, capace, quasi inespugnabile; ma mattone dopo mattone sono riusciti a corrodere le fondamenta, ed il mio edificio, quello costruito con passione, amore, affetto, energie e competenze è infine crollato. Basti pensare che in un solo anno, mi sono impiccato; sono stato inviato in psichiatria (ove ho provato sulla mia pelle l'orrore, le incapacità, il menefreghismo degli addetti alla cura, al "sollievo" del profondissimo dolore all'anima che si prova); uscito, entro 24 ore, buttato in carcere (della cui eperienza atroce e disumanizzante non basterebbero 1.000 pagine); Separazione; abbandono totale da parte di tutti. E' rimasta solo una desolante disperazione, unica compagna quotidiana. In tempi normali, non ci si cura di quello che i nostri simili pensino di noi, si prosegue sul proprio cammino ritenendolo giusto e corretto perchè si è consapevoli di non nuocere il percorso degli altri. In tempi straordinari, tutto assume un'altra valenza. Il giudizio, il ricordo degli altri, sovente, ti distrugge e demolisce. Ho tentato in vari modi di rialzarmi, non ci sono riuscito. Le aspettative sono state corrose e gli ultimi sogni si sono volatizzati. Eppure se guardo indietro, nell'unica parte che posso ancora guardare (perchè davanti e di fianco c'è solo l'angoscia), sono consapevole di essere stato capace, corretto, efficente e diligente; ma ora, questa consapevolezza non è più sufficente per sostenermi. Ora sono l'ombra della mia ombra. Questa è la ragione per cui desideravo descrivere la mia vita, ripeto non comune. Non so se riuscirò a portarlo a termine (non desidero monopolizzare questo mezzo ed opportunità offerta a tutti), L'insegnamento che ho tratto dalle mie ultime vicende è: molti sono disponibili a "regalare" consigli, pochi propensi ascoltare i malesseri altrui, quasi nessuno che dopo averti ascoltato ti porga una mano in segno d'amicizia. Mi scuso con tutti i lettori se questo mio intervento ha procurato disagio, sofferenza o noia. Domani sarà un'altro giorno e non so cosa ci regalerà io, non mi aspetto più nulla, ho ricevuto già tutto: il bene, il male e ora l'indifferenza.
Inserito:  14 Ago 2009 22:05
4a Parte - Una Storia: La mia vita

Ho appena terminato l'ultimo colloquio con un Amico che ho avuto l'opportunità di conoscere in questo ultimo periodo della mia vita. Gli diedi l'indirizzo di questo sito ed egli, si è connesso. Ha le competenze umane, professionali ed intellettuali per poter apportare, in futuro, un suo suggerimento, consiglio o conforto a tutti coloro che in queste pagine descrivono il loro malessere. E' una persona che considero straordinaria e che avrei dovuto conoscere molti anni addietro. Mi ha invitato a continuare il mio racconto, supportando tale richiesta con buoni e logici motivi. Per questa ragione, procederò nel mio racconto; spero di avere la forza di giungere al termine perchè, man mano che mi avvicino all'epilogo, lo stress ed angoscia procuratomi è altissimo. Pur conoscendo, in parte, la mia vita, con questo mezzo egli è aiutato ad avere un quadro d'insieme più chiaro e esaustivo per comprendere la ragione inesistente di un mio recupero, anche solo parziale. I danni sono stati terrificanti e come a Cartagine, dopo la battaglia di Zama, fu sparso il sale affinchè non crescesse più vita, nell'ultimissimo periodo, a mio danno, sono stati commessi errori così fatali da non permettermi di ritrovare le forze ed energie per ripartire da zero. La combattività, l'energia e le risorse umane si sono ... evaporate, ma sopratutto,  è scomparsa la motivazione principale che muove l'istinto umano. In questo mondo fatto di mediocrità, superficialità, conformismo, ipocrisia ecc., non mi sento più a mio agio. Preferisco togliere il disturbo. Non ero migliore, non ero superiore nemmeno asociale. Ero e mi sento diverso, talmente diverso, che non riesco più a trovare nuovi obbiettivi, dopo i tragici avvenimenti che, in modo devastante, mi hanno travolto senza che io avessi la forza di difendermi.
In fondo sono stato un'incapace. Non ho saputo prevenire ed anticipare ciò che mi avrebbe travolto ed infine, non sono stato in grado di dimostrare come realmente stessero le cose. Per ultimo, mi son lasciato travolgere ed ho esaurito ogni desiderio di ricominciare perchè, il peso delle angosce subite è stato massacrante. La troppa sensibilità, l'esasperata autodisciplina e rigore con se stessi produce, insieme alla totale carenza di questi da parte degli "altri compagni di viaggio" un disastro colossale. Un mondo ove il danaro è "DIO", l'apparenza e l'ignoranza sono i suoi "santi", la superficialità, supponenza ed incapacità i suoi ministri di culto, io, non riesco più a goderlo. Nonostante le immense ricchezze in esso presenti: paesaggi, albe, tramonti, crepuscoli, vegetazione, animali, terre e mari.
Con chi puoi condividere l'emozioni che si provano davanti alla natura, ad un lavoro ben fatto, al canto di un uccello? Quando si perdono le emozioni e coloro con cui, o che potrebbero, condividere o aiutarti a riprovare a risentirne, anche un solo frammento, è la morte dell'anima, la distruzione totale di quella differenza che ci rende così superiori rispetto alle altre specie viventi.
Inserito:  16 Ago 2009 19:03
5a Parte - Una Storia: La mia vita

Domenica 1° maggio, 1975. Giungo a Bournemouth, sud dell'Inghilterra. Luogo di villeggiatura dei britannici e luogo di studio per studenti stranieri. Il viaggio è stato "singolare", ho scelto il treno come mezzo di trasporto. Torino, Parigi, Londra. Mi ha permesso tuttavia, di apprendere moltissime cose di cui, in seguito, ne farò buon uso. Il mese di Maggio l'ho dedico interamente all'apprendimento della lingua di cui conosco pochissime nozioni. Oltre allo studio, frequento i miei compagni d'alloggio: uno Svizzero (di lingua Romancha), un persiano. Dalla land-lady, persona che ci ospita, apprendo moltissime cose e tutte, stimolano il mio interesse. D'origine è tedesca, sposata con un ex prigioniero di guerra anch'egli tetesco. Rimasta vedova, ha preferito rimanere in Inghilterra e per arrotondare il suo salario, ha messo a disposizione le tre camere che dispone. Nei fine settimana, visito i moltissimi luoghi interessanti che esistono nelle contee vicine. La determinazione con cui mi sono imposto d'apprendere la lingua, mi aiuta ad evitare la frequentazione di altri Italiani o di lingua spagnola. Apprendo in maniera straordinaria e grazie anche alle mie nozioni scolastiche, di esperienze e di notevoli interessi coltivati, non debbo comprendere o disperdere il mio tempo in cose che ne sono già a conoscenza. Ero, fisicamente, un bel ragazzo; alto 1,82 di giusta corporatura, allegro disponibile ed interessato ad ascoltare gli altri, ordinato e come la maggioranza degli italiani, con una cura nel vestire non comparabile con altre culture. Non dipendevo da nessuno e questo, era un enorme vantaggio. Affittai una bicicletta per poter visitare i posti più vicini senza dover sottostare ad orari. Le lezioni erano alternate, una settimana il mattino ed una il pomeriggio. Avevo quindi modo di utilizzare il resto della giornata in ogni tipo di attività extrascolastica. Ripensandovi, è straordinario la quantità di cose che sono riuscito a fare, e tutte, senza mai cercare la via più semplice o facile per farla. Da solo, in compagnia, non importava. Andavo al cinema, alla sauna, nei musei (di cui l'Inghilterra è ricchissima e di cui, io sono affascinato), acquistavo libri (e li leggevo) aumentando enormemente le mie conoscenze. Avevo un discreto successo anche con le ragazze; frequentai Yumiko, Giapponese, il cui paese mi affascinava per i suoi aspetti modernissimi ed altri ancora arcaici e feudali. Raffaella, Venezuelana, che m'intrigava per l'aspetto sfacciato e fuori dall'ordinario delle Sudamericane.
Martedì, 3 giugno 1975. Incontro colei che diverrà la mia compagna di vita. Colei per cui, anni dopo, rinuncerò al sogno più grande della mia vita. Colei per cui, per sostenerla ed aiutarla, mi "reinventai" una vita; ripartii da zero. Colei che mi regalò, ma non credo questo sia il verbo giusto, una figlia; Colei, infine, che mi ha demolito.
Oggi, mi rendo conto degli errori commessi, dell'ingenuità di credere che, con l'amore, si sia in grado di superare qualsiasi ostacolo. La differenza di cultura, la totale mancanza di interessi ed obbiettivi comuni, la pigrizia intellettuale, saranno i germi della distruzione, non solo del "progetto di vita" scelto e condiviso bensì, degli stessi individui. Sono pessimista sul credere che su un'ammasso di rovine si riesca a ritrovare obbiettivi, stimoli e desideri per, almeno, provare a ripartire. Si vive di ricordi, di rimpianti, e questi assorbono una grande quota d'energia necessaria a trovare la luce nel tunnel in cui si è precipitati. Forse dei veri amici, delle persone intellettualmente ed umanamente preparate potrebbero aiutare mà, sono talmente poche ...
Inserito:  16 Ago 2009 20:04
Caro Antonio, è incredibile come il tuo racconto sia così sintetico e allo stesso tempo ricco di particolari e di considerazioni essenziali. Sono contenta che stai continuando a scriverlo e che hai un buon amico accanto che ti può dare quel calore che ti serve nella tua vita così devastata e sofferta. Per quello che mi riguarda, non ho un atteggiamento di curiosità nei confronti di ciò che scrivi, ma l'aspettativa di imparare qualcosa, atteggiamento che ho nei confronti di tutti gli altri utenti che scrivono su questo sito. Quindi non mi stancherò mai di dirti che è importante per tutti il tuo contributo, sia che tu parli delle tue esperienze di vita, sia che tu esprima la denuncia della tua condizione dolorosa. Forse questo non ti aiuterà particolarmente a ritrovare gli stimoli necessari per andare oltre al tuo dolore e scegliere di vivere, ma credimi quando ti dico che esiste una solidarietà nella sofferenza comune, che non è né pietà o buonismo, ma, semplicemente, condivisione. Il male che hai subito sicuramente non passa, ma dividendolo con gli altri ti può realmente sembrare meno duro. Spero che tu riesca a provare almeno questo piccolo giovamento, insieme al dolore di rievocare ciò che è passato, una vita così intensa e singolare, in contrasto con quello che vivi ora.
Ti abbraccio sempre tanto, Laura.
Inserito:  16 Ago 2009 20:47
Caro Antonio, cara Laurella,
desidero ringraziarvi per quello che state facendo.

Per te, Antonio. Mi sembra di capire che scrivere e condividere la tua storia con altri lettori ti sia d'aiut e ne sono davvero felice. Apprezzo molto anche il tuo coraggio, perchè immagino non sia semplice ripercorrere la propria vita, metterla per iscritto, rileggerla... Tuttavia analizzare ciò che è stato come se fosse un viaggio, può essere un ottimo strumento per guardare meglio a ciò che sarà. Ti sono vicino, Antonio. Credo che in questo tuo viaggio non verrai lasciato solo.

A te, Laurella, desidero offrirti la mia gratitudine per la bellezza e la delicatezza delle cose che hai scritto. Con le tue parole hai saputo cogliere bene l'obiettivo di questo Forum: accompagnare e stare vicini, in modo anonimo, alle emozioni di chi scrive, con fiducia e rispetto.

Il numero delle visite di chi vi ha letto è molto alto. Spero che chi vi ha consultato sappia cogliere l'attimo e vi supporti, magari raccontando anche le proprie storie.

Un caro saluto. Admin.
Inserito:  17 Ago 2009 00:13
6a Parte - Una storia: La mia vita

Carissima Laurella ed "amico" Amministratore,
ringrazio entrambi per aver seguito il mio racconto. Sono convinto anch'io che la vita di ognuno di noi sia importante, non tanto per noi stessi ma per la Società intera; gli errori, gli stimoli, le motivazioni singole, dovrebbero servire a coloro che ci seguiranno, a comprendere e migliorare. Così, si è evoluta la Società.

Cara Lurella, purtroppo la sintesi non è una delle mie doti migliori tuttavia, sto cercando disperatamente di descrivere quello che sono stato. Cerco di farlo nel modo più corretto possibile e questo perchè sono molto, molto rigoroso con me stesso. Stò ripercorrendo, attimo per attimo, un'esistenza vissuta con consapevolezza, entusiasmo ed enorme uso d'energie (morali, fisiche, intellettuali), e proprio perchè è stata vissuta con una intensità notevole, essa mi sembra di riviverla. Non puoi avere idea di quanti avvenimenti, dettagli e ricordi siano presenti nella mia mente. Tutti vissuti, sofferti, gioiti con un'intensità tale da ... angosciarmi. Non sono slegati tra loro, ma uniti da un unico filo invisibile, reale ed attuale.

Uno degli aspetti che mi ha fatto apprezzare la mentalità anglosassone, è proprio quello che ognuno è autorizzato a scrivere e descrivere le proprie esperienze (professionali e di vita) perchè questo, porta un contributo notevole ai più "giovani". Io, sto cercando, in qualche modo, di "lasciare una traccia" la più ampia possibile ed inoltre (in subordine), di contribuire, in parte, a: che gli stessi errori non vengano ricommessi; seguire i propri sogni con impegno e determinazione.
Oggi, come ieri, per i giovani, sono richieste capacità, competenze, sacrifici innumerevoli che non consentono un attimo di riflessione o distrazione. Altrettanto, succede per le famiglie che sono soggette a pressioni a volte intollerabili.
Droga, emarginazione, disinteresse, menefreghismo, incapacità, a volte plagio, sono le infinite lotte a cui, oggi, occorre essere sempre più vigili. Per farlo, consiglio, determinazione, grande forza di volontà ed investire tutte le proprie risorse sul proprio sogno o obbiettivo. Io, per varie ragioni, ho errato e quindi ... ho perso.

Nel momento in cui avrei potuto, finalmente, iniziare a godere dei frutti di tanto impegno ... ho dovuto "subire" vicende ed esperienze talmente devastanti, per spessore e per avvicendamento, da crollare senza possibilità alcuna di recupero.
Ho quindi conosciuto, a parte il momento di estrema angoscia che mi ha portato al tentato suicidio, di per sè terrificante, allo scoprire un mondo totalmente sconosciuto: la psichiatria. Ambiente incredibile, stupefacente e ... sconosciuto alla maggior parte delle persone!
Entro 24 ore dalle dimissioni, un più ancora sconvolgente "mondo parallelo", di cui, anche quì, la maggioranza delle persone, sconosce totalmente la realtà: il carcere e con esso la "Giustizia". Se a questo si aggiunge il silenzio "oltraggioso, profondo, inquietante e mostruosamente ingiusto da parte dei "parenti" (figlia, madre, fratelli), il risultato dell'ictus è ... un semplice epilogo, dettaglio quasi ininfluente, naturale.
Disperatamente alla ricerca di un aiuto, di una mano tesa ad aiutarti (tenendo conto delle esperienze devastanti di cui sei stato oggetto, per una ragione od un'altra, in un periodo così breve), ti rendi conto che: non esistono le capacità, non esiste interesse, sei constantamente richiesto ad umiliarti a richiedere aiuto, non ti viene proposto nulla di valido ma solo "soggiorni più o meno lunghi" in comunità terapeutiche e/o di supporto psichiatrico (della cui semplice descrizione, centinaia di pagine, non riuscirebbero a descrivere l'angosciante situazione).
L'ultimo atto della disperazione e solitudine ti avvolge.
Ritengo un privilegio ultimo ed estremo poter usufruire di questo mezzo (internetamico) e so, che a breve, di anch'esso non potrò più benefiarne. Vivo nel mio ex laboratorio; una vergogna angosciante mi tiene recluso in esso, ho due rate di canone da saldare, a causa della mia incapacità nell'uscire, mangio ogni quattro giorni ... sto terminando il mio ultimo ciclo.

Nonostante tutto, in modo del tutto ingiustificato, moralmente scorretto, provo non solo vergogna ma un grande senso di disagio nell' occupare questo spazio. Esso, mi ha dato, non speranza, ma una grande, immensa possibilità: quello di gridare, sì gridare, e descrivere la mia angosciante vicenda. Sono cosciente che pochi sarebbero stati capaci, nelle stesse condizioni, di reagire in maniera più adeguata, ma ciò non mi consola. Sono stato, in tutta la vita, un severissimo giudice con me stesso almeno quanto estremamente cauto nel giudicare il mio prossimo. Attento a non ferire, gratuitamente, gli altri ed a valutare tutti i pro ed i contro  guardando a 360°. Non è stato sufficente, non abbastanza. Sono aduso a giudicarmi, quanto ad osservarmi attorno, e per quanto io lo faccia, non riesco ad intravedere la ragione di una situazione ormai senza più alcuna via d'uscita.
Un enorme rammarico, colei che avrebbe potuto aiutarmi moralmente, mia figlia, Hélène, oggi 27enne, laureata a Chambery in lingue straniere. Un silenzio drammatico, immotivato sopratutto ingiusto, immorale. Che delusione, quale tremendo strazio, che pena ...
Inserito:  18 Ago 2009 01:00
Caro amico,
le tue grida, almeno in questo spazio virtuale, vengono accolte e ascoltate. Non voglio intromettermi nella tua vita ma cerca di usufruire al meglio dei servizi sociali, o di associazioni di volontariato. Fatti aiutare! Non ti sentire umiliato a "chiedere", anche se non avresti mai voluto e mai ti saresti aspettato di trovarti in una situazione così difficile. Non è una vergogna avere bisogno, è un tuo diritto, come per tutti. La pena e lo strazio per l'abbandono di chi amiamo, da cui ci aspettiamo di essere amati e di avere accanto nei momenti più bui, è veramente insopportabile: anche io, nel mio piccolo ne so qualcosa. Ma soprattutto so, per esperienza personale, che fuori dagli affetti familiari molto spesso si trova almeno un minimo di considerazione, se non un aiuto reale e disinteressato.
Quindici anni fa mi sono rivolta per la prima volta ad un'assistente sociale e successivamente, ad una psicologa che mi ha tenuta in cura per dieci anni. Ho chiesto per la prima volta aiuto in vita mia a trent'anni, e mi è costato tanto, e non lo avrei mai fatto se non fossi stata davvero disperata, se non fossi rimasta completamente sola dopo aver combinato un mare di casini, facendo allontanare da me per sempre gli amici, i miei parenti e quelli acquisiti (rapporti che, comunque, fino a quel momento non mi ero bene resa conto quanto fossero superficiali e labili). Da allora sono cambiata completamente, sono un'altra persona, ed ho perso molte cose belle che non potrò mai recuperare. Oggi esco di casa solo per fare la visita periodica con la psichiatra, circa una volta al mese.
Chiedendo questo tipo di aiuto, non ho trovato nessuno che mi abbia coccolata, che mi abbia detto "poverina", non ho trovato amici, o qualcuno da cui mi sia sentita amata, ma ho trovato una cosa che non avevo mai provato prima: ascolto. E mi è sembrata una cosa così immensa che me la sono fatta bastare.
Sono stata sicuramente molto più fortunata di te, ma sono sicura che, nel momento in cui ci si riconosce il diritto di essere aiutati, qualcuno, qualcosa si trova. Forse, anche questo sito.
Vorrei darti un minimo di speranza perché dopo tutte le cose orribili che hai vissuto, trovo ingiusto che non ci sia un "riscatto" per te, come per tutti coloro che hanno sofferto. Forse questo sarà ingenuo e infantile, ma lo penso davvero. In questi anni mi sono ritrovata molto spesso sul punto di farla finita: avrei potuto farlo tante volte, nessuno mi avrebbe cercata, né qualcuno se ne sarebbe accorto. Ma sono riuscita ad evitarlo proprio perché mi dicevo che non era giusto che anche io mi facessi del male, dopo aver subito dagli altri solo giudizi, rifiuto, abbandono e indifferenza, nonostante mi sentissi inutile e dannosa, nonostante i miei rancori e i miei sensi di colpa.
Io non mi sento di dire che la vita è bella, ma sono profondamente convinta che sia un'opportunità, anzi, mille, milioni di opportunità, che sono reali e oggettive, a prescindere da quanto io sia in grado di coglierle, e per le quali vale la pena di lottare.  Almeno per un altro po'.
Inserito:  18 Ago 2009 08:58
7a Parte - Una storia: La mia vita

Cara Laurella,
ho letto con emozione le tue parole dopo un'intera notte occupata a scrivere l'ultima mia lettera a mia madre, e miei fratelli. Ormai la differenza tra ore diurne e notturne non ha più significato per me.
Ritengo tu sia "fortunata" perchè grazie al tuo carattere ed alla fortuna, tu abbia trovato qualche aiuto che ti stimola a continuare il viaggio che ti è stato regalato. Ciò mi rende felice, sinceramente, e dall'aiuto e piacere che mi hai dato nell'onorarmi di leggere ciò che scrivo, dimostra quanto tu, questo aiuto, lo meriti. Sei una persona utile, che sà regalare un pezzo della propria serenità. Per piccola che essa sia.
Dal tuo scritto rilevo tuttavia, due enormi differenze. La prima. Io, come forse scoprirai in seguito, ho il solo torto di avere abbandonato i miei sogni e di essermi lasciato coinvolgere in sentimenti umani, del tutto legittimi, che non era il caso prevalessero ed interferissero con la mia vita.
La seconda. Non a caso ti reputo "fortunata". Hai trovato ciò che cercavi: assistenza ed aiuto qualificato. La mia vicenda, essendo nata, cresciuta e pasciuta con pregiudizi, menzogne ed incapacità è stata viziata in maniera vergognosa.
Ammetto che occorre una forza notevole nel chiedere aiuto, tanto più se si è stati sempre autonomi, di carattere forte e dotati di capacità notevoli (anche queste dovute alla fortuna). Più eri forte e più ti rendi conto dell'ineguatezza, pressapochismo, incapacità che esistono fuori dal tuo mondo. Ora, non si chiede la perfezione, questa la lasciamo a Dio per i credenti ed alla Natura per i non. Quello che si anela disperatamente è: essere ascoltati senza pregiudizi. L'esercizio straordinario dell'ascoltare regala, sovente, suggerimenti per poter aiutare, alleviare, sostenere chi è carente di energie proprie per uscire dal tunnel in cui è scivolato. Questo, è quello che ho trovato in queste pagine. Non è una dote comune, non viene insegnata, può essere ampliata, rimodulata, ma, la devi possedere. Non l'acquisti, non si vende!In questi tremendi 4 anni ho scoperto realtà incredibili. Un esempio per tutti. Il volontariato. Ho conosciuto alcune persone "s t r a o r d i n a r i e", per esempio in carcere, che sacrificano la loro vita, affetti, tempo, anche danaro per dare sollievo; poi ho conosciuto, ahimè, le persone che hanno responsabilità, sono pagate, stimate e riverite ... un disastro immane. Tu mi insegni che quando ti trovi nella condizione di chiedere aiuto ti senti a disagio e sei attento a ogni cosa ti viene suggerita. E' automatico comprendere se ti hanno ascoltato. E' drammatico quando ti accorgi che non lo hanno fatto.
Esempio. Ho suggerito che la strada maestra per aiutarmi a ritrovare l'autostima, disintegrata dalle mie vicende, fosse di reinserirmi nella Società attiva, una Biblioteca, un magazzino, un ufficio, a titolo totalmente gratuito, beneficiando di una invalidità al 100% e quindi di una di accompagnamento. Ti garantisco, e forse lo scoprirai più avanti, che la natura mi ha regalato notevoli capacità ed io, con pazienza e tenacia l'ho perfezionata. Risultato: soggiorni in centri diurni per disabili psichici. Domanda: quale beneficio diretto od indiretto riuscirò ad ottenere da tale luogo? Ovviamente è pura retorica perchè, cara Laurella, non conosci ancora le mie vicende. Nel luglio 2008, le mie condizioni fisiche erano più che soddisfacenti, nessuno si capacitava del mio "ictus".  A causa di questi "aiuti" improvvidi un senso imbarazzante di inutilità, di essere divenuto, se non un peso, un individuo ormai inutile alla Società attiva, mi ha devastato. Non riuscivo ad immaginare di dover trascorrere il restante della mia vita in questo modo. Aggiungiamo a questo la tremenda depressione che ho accumulato con le vicende strazianti e con l'ictus che, come regalino supplementare, regala. Uscito dal carcere (12 mesi) ero pronto a ripartire di nuovo. Sarebbe stata la terza volta e, conoscendomi, so che sarei nuovamente riuscito. Mi occorreva un aiuto. L'ho chiesto. Ne ho sofferto in maniera devastante. Non l'ho ottenuto. Eccomi quì. Ricordo il 28 luglio scorso, quando ho telefonato a questo centro, appena scoperto per caso, ero straziato, avevo già appeso la mia corda con il nodo scorsoio (da ex navigante sono bravo a fare i nodi)(ndr. informazione più che macraba). Sono stato tre ore al telefono. Piangevo, ero angosciato. Colui che era all'apparecchio mi ha ... ascoltato. Frasi incoerenti, aneddoti, vicende vissute, confusione totale, vergogna infinita ... e lui, un angelo, il mio, ascoltava. Poche frasi, pochi suggerimenti ma che ti scaldano, hanno l'effetto di una carezza immensa. La sera, ho compreso che avevo scaricato su di lui le mie angosce. Mi sono vergognato ma ... ero contento che qualcuno mi avesse ascoltato.
Ricevi una carezza.
Inserito:  19 Ago 2009 00:57   Ultima modifica di: antonio
8a Parte - Una storia: La mia vita

A settembre del '75 noleggio una vettura ed organizzo un viaggio nel Wales (Galles). Come compagni c'è la ragazza con cui ormai una "storia" importante sta maturando, ed un amico e compagno di scuola, algerino. Avrebbe dovuto partecipare un'altra ragazza che, all'ultimo minuto, annullò. E' stato uno scoprire continuo di emozionanti novità. La lingua, il paesaggio, la cultura, un mondo totalmente differente dal resto dell'Inghilterra. Il tour dura 10 giorni ed ha lasciato in tutti noi una straordinaria esperienza. Successivamente noleggio nuovamente la vettura e quindi visito luoghi pieni di fascino: Bath, Cambridge, Oxford e tanti altri. Il guidare a sinistra mi diverte ed i round-about (rotonde stradali), mi fanno comprendere la praticità di questo popolo. Si stà avvicinando il momento al mio rientro a casa e quindi, inizio ad acquistare decine e decine di libri che stiperò in un baule e lo spedirò per ferrovia. A Michèle, Svizzera francofona, ormai divenuta la "mia compagna", spiego e descrivo i miei progetti, sogni, paure,angosce. Non rinuncerò mai a navigare pur essendo cosciente di cosa questo comporti per la propria compagna; ho, inoltre, dei doveri morali pesantissimi nei confronti della mia sorellina, che saranno sempre in prima fila nell'elenco delle priorità mà, anche l'angoscia che ciò rappresenti per il futuro. La sindrome di Down è trasmettibile geneticamente, PAUSA.
Inserito:  19 Ago 2009 02:47   Ultima modifica di: antonio
8B/a Parte - Una storia - La mia vita

Chiedo scusa per la pausa ma l'emozione era immensa. Riprendo da dove mi sono interrotto. In alcuni momenti, commetto degli errori di battitura, essi sono dovuti al fatto che posso usare una sola mano.

Grazie a Dio, tale malformazione è diagnosticabile e quindi, evitabile. Fondamentalmente, sono contro all'aborto e lo giustifico solamente in casi straordinari: diagnosi mediche di malformazioni al feto; stupri; casi gravissimi di ragione umana e psichica. In ogni caso lascerà una profonda ferita e lacerazione dell'anima. Nessuno ha il diritto di spegnere una vita umana e quindi, va valutata, questa scelta, con un'oculatezza straordinaria. Sarà sempre e comunque un "disastro umano".

Rientrato in Italia, scopro che ho una grande difficoltà ad esprimermi in italiano. L'impegno e l'interesse di apprendere l'inglese è stato immenso, e nell'ultimo mese, non frequentavo più la scuola in quanto mi annoiavo, la differenza con gli altri studenti, in termini di nozioni, interessi, esperienze, era enorme. Ovviamente, tutte le nozioni acquisite mi hanno agevolato in maniera straordinaria sul mio lavoro e, se a questo si aggiungono la passione, l'amore immenso che nutrivo per la professione che avevo intrapreso e un senso estremo di autostima e desiderio di essere apprezzato, il risultato è immaginabile. Una caratteristica della mia personalità è stata quella di dedicare tutte le energie (notevoli) nei progetti, lavori, interessi a cui mi dedicavo. A volte, eccessivamente. Terminati i 18 mesi di Allievo ufficiale di coperta, ho superato brillantemente gli esami di Aspirante C.L.C.
Imbarcato come 3°uff.le di coperta, su di un rottame (nel gergo marinaresco "uno scavafango") a Liverpool, in viaggi "alla busca" (senza destinazioni predefinite), rischio due volte il naufragio. Esperienza unica, straordinaria. Il secondo mese sono promosso 2° uff.le con funzioni di Primo. Il Tito Campanella, altra nave della compagnia, su cui sarei poi eventualmente dovuto imbarcare, qualche anno dopo affondò nel Golfo di Biscaglia con la perdita dell'intero equipaggio.
Nel frattempo, Michèle ha affittato un alloggio in Svizzera, a Verbier, ove lavora come segretaria. Quando sbarco, vivo con lei. La lingua che utilizziamo è l'inglese, quella che ci ha permesso di conoscerci. Vi sono circostanze straordinarie nel nostro incontro. Pur essendo arrivato un mese prima nel luogo di studio, la data di rientro coincide. La classe è la stessa. Pur essendo di nazionalità diversa, abitiamo a 105 km. di distanza uno dall'altra. Le faccio conoscere il teatro, i concerti, tutto quello che ho visto ed assimilato. Nel 1976, ritorniamo in Inghilterra con la vettura che abbiamo acquistato assieme. Nel 1977 ritorniamo e sempre in vettura, visitiamo tutta la Cornovaglia.
E' straordinariamente innamorata; mi coccola, mi adora. E' dolce e questo, mi rassicura e tranquillizza, ho avuto un padre "padrone" e so cosa significhi ricevere cinghiate sul corpo e ferite profonde nell'anima. Non si dimenticano, non si perdonano, sono state gratuite e come ragione principale, quella di scaricare su altri la propria rabbia e frustrazione.
Io mi sento in paradiso; non mi rendo conto che sono io che progetto, propongo, organizzo. Nel frattempo stò apprendendo velocemente il francese per poter comunicare con i suoi famigliari. Non abbiamo amici, ci completiamo a vicenda. Lei parla anche tedesco, appreso in Germania a Colonia. Il mondo ci appartiene.
Nel frattempo i miei viaggi mi fanno scoprire paesi incredibili, luoghi fantastici, USA, Messico, Sud Africa, Medio Oriente; Cambio sovente compagnie di navigazione perchè, tutte, cercano o di accellerare la mia carriera o di dirottarla su altre mansioni. Mi chiedono di diventare Broker marittimo, responsabile della caricazione di altre navi noleggiate ecc. Provo, vi rinuncio, la mia passiome è viaggiare. Imparo comunque nuove discipline che mi serviranno. Navigo su petroliere, transatlantici, navi da crociera, cargo, carboniere. Questo amplifica enormemente le mie conoscenze perchè ogni tipo di nave ha caratteristiche, peculiarità, diverse.
Nel settembre del 1979 mi sposo. Nel 1980 sostengo l'esame definitivo per Capitano di lungo corso. Svolgo crociere tra New York, Bermuda e Bahamas. Poi cambio e navigo su una freezer (bananiera) di bandiera Svizzera. Sono l'unico italiano a bordo.

Nel 1981, settembre, 4° evento che sconvolgerà la mia vita quello che poi mi demolirà. Ma questo, sarà un'altra parte di questa immensa storia se, mi si darà la possibilità di farlo.
E' incredibile come il semplice fatto di poterlo fare, mi porti sollievo. Per anni tutto è stato confinato nel mio cervello ed i danni, immensi. Ovviamente ho dovuto togliere migliaia di aneddoti, esperienze, tutte vive, tutte presenti.
Inserito:  21 Ago 2009 03:25
Quando ripercorro con la memoria la mia vita, a prescindere da come sia la  mia situazione nel presente, riesco a vivere i miei ricordi così intensamente da rimanerne influenzata. Mi sembra quasi che il tempo non sia passato e che il dolore sia rimasto inalterato. Spesso posso addirittura piangere o arrabbiarmi, ripensando ad un'esperienza dolorosa. E allora mi sono detta che: se riesco  a deprimermi con dei ricordi tristi, posso anche tirarmi su di morale anche solo "pensando" a qualcosa di bello che mi è accaduto in passato, riviverlo dentro di me, e sentirne ancora quella forza che un tempo mi portava ad essere piena di vita. Così, molto spesso mi "sforzo" di scacciare quei pensieri bui appena si ripresentano (purtroppo, sempre!) e a sostituirli con altri più positivi, magari proiettandoli verso un futuro migliore che, per quanto mi sembra impossibile, finché scelgo di vivere, può ancora accadere. Con uno stato d'animo così "ingannato", quasi sempre riesco a trovare le energie per potermi alzare dal letto e cercare di fare una vita dignitosa. E a volte ci riesco davvero. Non è matematico ma, quando riesco per alcuni giorni a "stabilizzare" dei pensieri meno cupi, e non il solito rimuginare di rancori e rimpianti che mi uccide, riesco ad avere la speranza di reagire e magari di fare dei progetti, e sembra che anche l'ambiente esterno risponda positivamente nei miei confronti. Le condizioni oggettive non cambiano, tutto rimane immutato, ma facendo questa tecnica mentale, "io sto un po' meglio". E' il mio modo di aiutarmi, dato che dagli altri non ricevo il conforto che vorrei. E' uno stato di serenità che riesco a costruirmi da sola, senza avere l'aspettativa che sia l'ambiante esterno a darmi questa condizione, anche perché è fallimentare: ogni volta che "chiedo" qualcosa agli altri, questi non mi "accontentano" mai. E con questo stato d'animo, riesco addirittura a sentirmi più compassionevole verso quelle persone che mi hanno fatto soffrire con i loro moralismi e giudizi sommari. Penso di poterli perdonare e di lasciarmi tutto alle spalle, anche se non potrà essere mai più come prima. Perdonare! Sarebbe bellissimo, sarebbe una liberazione meravigliosa, un conforto reale e permanente, una certezza maggiore della pace che spesso ho pensato di trovare interrompendo la mia vita che spesso ritengo sia stata solo inutile e dannosa, per me e per gli altri.
Per perdonare gli altri vorrei che questi ammettessero il loro errori sinceramente e spontaneamente, cosa che fino ad ora, purtroppo, non è mai avvenuta: l'orgoglio sembra essere il sentimento più forte di ogni cosa. Per perdonare me stessa, è necessario che faccia la stessa cosa. E questo so che sono in grado di farlo, anche se ho delle ricadute, di orgoglio, a mia volta, di risentimento e sensi di colpa, reali o presunti.
Inserito:  21 Ago 2009 04:12
9a Parte - Una storia: La mia vita

Mi trovo a Ravenna, in un porto che, per qualche mese, ho diretto le operazioni di carico e scarico di una nota compagnia internazionale. Giunge mia moglie con mio fratello (nato nel'61). A causa di un incendio avuto a bordo, che mi fece comprendere del livello di estrema impreparazione degli equipaggi, raccogliticci, avevo optato per lo sbarco. Mi fu chiesto di rimanere ancora sino al porto d'Ancona, porto che conoscevo avendo, anche lì, svolto le stesse mansioni di Ravenna.
Mia moglie mi informa di essere in attesa. Nelle condizioni di stress in cui mi trovavo, questa notizia mi terrorizzò.
Molti, maschietti, in tale circostanza subiscono lo stesso stress. Per le femminucce, quando sono con il proprio compagno ideale, è totalmente differente. La maternità è desiderata, voluta, sospirata, perchè è la normale evoluzione dell'istinto femminile. Per i maschietti, in alcuni casi, è il terrore di non essere pronti e capaci di svolgere il compito di genitore che li assale. Nel mio caso a questo, va aggiunto che l'angoscia di entrare in un periodo pieno di ansie ed incertezze si accumulava a quello della situazione vissuta e della consapevolezza dei rischi. Non fu un malessere solo psichico bensì, anche fisico infatti, per alcuni giorni ebbi la febbre a 39! Superato il momento, e con la consapevolezza che il feto risultava essere normale ed in più una femminuccia, l'attesa divenne una gioia ed i progetti si arricchirono. Una figlia rappresentava per me, l'appresi più tardi, il non ripresentarsi di rischi di conflitti vissuti con mio padre. Le femminucce, biologicamente, sono più propense a relazionarsi con i padri, salvo rari casi e sovente molto tristi.
Nel momento che fosse nata, saremmo venuti a vivere in Italia, ove nel frattempo avevo partecipato alla costruzione di una casa per tutti i componenti della famiglia. Solamente chi non ha mai passato i Natali, le Pasque, e le altre cicostanze che permettono l'incontro delle famiglie, comprenderà appieno questo forte desiderio di riunione. In ogni caso era stato tutto previsto anni prima.
Nell'aprile 1982, mi trovo a casa e, contro la mia volontà, assisto al parto, in Svizzera. E' per me un momento molto delicato e stressante. Sono conscio che per altri, ciò sia innaturale tuttavia, la mia sensibilità mi angoscia dover assistere alle sofferenze di colei che amavo così tanto. E' stato un trauma profondo e ricordo con precisione ogni attimo sino allo stupore di quando ci fu comunicato che era una femmina. Altro dettaglio destabilizzante, la mia attenzione estrema nel guardare la forma del dito mignolo delle manine. Segno distintivo della sindrome di Down associato a tutti gli altri. Ero lì mà non c'ero, almeno non psicologicamente.
Tutto è stato perfetto e una profonda soddisfazione e pace compensa i timori, le angosce patite. No! Non tutto si è svolto come avrebbe dovuto. Ho i primi segnali che qualcosa è, o stà cambiando nella mia compagna. Il senso d'inadeguatezza a essere un buon padre, alla notizia di stare per diventarlo, viene ora sostituito con la paura di essere una madre incapace. L'insicurezza è straordinariamente evidente ed io, cerco di in tutti i modi possibili di infondere coraggio. Quante giovani mamme si sono trovate terrorizzate al primo cambio di pannolino, al primo pianto, al primo bagnetto ... quante? Certo, un rapporto sereno con la propria mamma può aiutare molto ma questo, non era certamente la nostra situazione. Mia madre, allora, l'aiutò, la sostenne, le insegnò. Il primo serio allarme aveva intaccato la nostra serenità. Il primo di una lunghissima serie di allarmi che, mi portarono a rinunciare ai miei sogni e commettere un errore fatale.
Inserito:  21 Ago 2009 05:31
Cara Laurella,
ho letto con estrema attenzione il tuo ultimo intervento. L'ho trovato straordinario. Mentre scrivevo il mio, tu, descrivevi esattamente le sensazioni che provo. E' una grande rivelazione sapere che altri provano le "tue identiche" sensazioni nei momenti cupi, ed a volte tragici, che stai vivendo.
In particolare il tuo ultimo capoverso è straordinario. E' esattamente quello che ho scritto nella mia lettera a mia madre e miei fratelli per il mio congedo. Ti copio un passo della mia lettera.

"Siamo giunti all'epilogo. Ho una sola certezza, in questa drammatica storia, tutti ci sentiamo vittime e nessuno di noi, ha la capacità intellettuale di ammettere le responsabilità dei propri errori (anche involontari), tutti ci aspettiamo che, "altri", ci chiedano scusa e sopratutto, che altri, siano i reali responsabili dell'intera vicenda." ancora ... "Avete co-partecipato, tutti, ad umiliarmi, a rendere le mie già immense sofferenze ancora più atroci, a ... distruggermi. Soffrendone ho compreso che i vostri limiti erano fuori da ogni logica e che trionfatrice era: l'ignoranza. Avete ottenuto un risultato che tuttavia, sarà amaro e lo sarà, sino al vostro ultimo giorno. Non proverete ne vergogna ne rimorso, non sono sentimenti a voi conosciuti. L'orgoglio, la presunzione vi hanno accecati."

E' una lettera "feroce", almeno quanto l'angoscia di sapere che non ho più alternative e che presto, prestissimo, gettero il biglietto che mi fu regalato quando nacqui.
Apprezzo, credimi, la tua fiducia ed invidio la tua capacità nel ricercare appigli che ti consentano di galleggiare sino al momento di trovare la serenità giusta per continuare il tuo viaggio. Per quanto mi riguarda, purtroppo, non riesco a vedere altro che l'immenso spreco di energie dedicate ad un viaggio infernale. Quando gli esseri umani non riescono a controllare, dominare e gestire un proprio simile, usano un'arma micidiale e devastatrice. Quella di additarlo come malato mentale, pazzo, pericoloso. Ciò crea allarme sociale e quindi si viene isolati, non ascoltati, non difesi e neutralizzati o meglio, inizia un percorso, dolorosissimo, di "rieducazione". Tale percorso, nella maggioranza dei casi, risulterà un fallimento tuttavia, i danni che esso procurerà saranno immensi sotto tutti i punti di vista.
Io, fallendo la mia impiccagione, ho scatenato un inferno di sofferenze. La psichiatria, il carcere, l'abbandono, il silenzio ... la solitudine totale e devastatrice.

Desidero augurarti moltissime cose perchè lo meriti, hai trovato le risorse per "sopravvivere" ben 15 anni di sofferenze, incomprensioni, solitudine. Immagino la tua angosciante sofferenza perchè, in alcuni aspetti, simile alla mia. Tu sei giovane, puoi dedicarti a tua volta ad aiutare coloro che soffrono. Ne hai le capacità e le doti. Il "mondo" del volontariato fa crescere, aiuta e stimola. Soccorrere "gli altri viaggiatori" credo, offra una gioia immensa. Nella realtà in cui io "vivo" ho appreso amaramente che esiste solo il vuoto. Inoltre sono un pregiudicato, e questo, è devastante, ancor più, se innocente per le accuse rivoltemi. E' una esperienza che ti distrugge, ti umilia, ti isola totalmente.
Quindi coraggio, hai sofferto per tanti, troppi anni, ma sei riuscita in qualche modo a trovare il modo per aggrapparti all'ultimo vagone. Tu ce la puoi fare.
Ricevi una carezza sincera. Antonio
Inserito:  21 Ago 2009 10:34
Una mia breve impressione, Antonio. A prescindere da tutto ciò che hai passato, vissuto, sofferto, dentro di te c'è una forza immensa, che forse tu non riesci tanto a vedere ma che da ciò che hai scritto viene fuori con prepotenza, determinazione.
Queste mie parole non hanno nessuno scopo particolare. Volevo solo proporti l'opportunità di riflettere sul fatto che dentro di noi, anche di te, le risorse sono spesso nascoste ma ci sono. Mi è piaciuto come hai saputo valorizzare ciò che ha scritto Laurella. Da parte tua è segno di grande attenzione e bontà d'animo. Non fermarti, se puoi, a rivoltare ciò che è stato. Viviamo il presente e la tua coscienza mi pare immacolata. Abbi fiducia. Penso tu possa permettertelo.
Un abbraccio. Ziofester.
Inserito:  21 Ago 2009 16:07
Amico ziofester,
ho letto con piacere il tuo intervento, come tutti gli altri in cui sei protagonista.
Hai ragione nel sostenere che: "in me c'é una forza immensa"; io però la definisco "rabbia". La forza l'ho usata nelle professioni svolte, nel mantenere una condotta esemplare (o per lo meno decente), nell'amare mia figlia e la sua mamma, persino in psichiatria (15 giorni) con le sue miserie umane, e poi ... poi nel reggere alla devastante vergogna ed umiliazione di essere stato gettato in carcere. Infine nel ricercare aiuto ai Servizi Sociali...
Ora deluso, demolito, ho ritirato i remi in barca e mi è rimasta solo ...rabbia perchè non è giusto, proprio non lo é. Nella mia esistenza ho appreso che quando un numero elevato di persone, di tutti i ceti, si scaglia contro un solo individuo, una ragione, anche piccola deve esistere e questo, fa crescere i dubbi e con il tempo essi, divengono certezze.
Il motivo per cui continuo a scrivere è duplice: 1) Ho un desiderio immenso di descrivere cosa ho subito,(non superato); più avanti, se avrai la pazienza di leggermi, scoprirai che questa storia diventa "un giallo" incredibile e quindi perchè la mia forza si tramutata in rabbia, rabbia repressa e devastante. 2) C'é una morale in tutta questa lunga vicenda; desidero in qualche modo dare un messaggio ai più giovani: sarebbe tragico che altri commettessero gli stessi imperdonabili errori.
Vi sono altri aspetti di cui vorrei rendere partecipi il numero più grande di individui. La psichiatria e il carcere. Sono cosciente che la maggior parte dei "partecipanti" a questo forum sono individui che, per una ragione od un'altra, soffrono o hanno sofferto, alcuni sono riusciti a trovare una soluzione altri no tuttavia, occorre tenere a mente che le sofferenze in questo mondo sono tante, troppe a volte immani. La mia sicuramente non è la peggiore tuttavia, ho avuto modo di vedere attorno a me, mentre agonizzavo, le altre: gratuite, sfacciate, immorali e mi sono riproposto di comunicarle, descriverle, di renderle note perchè solo così si può sperare di diminuirle, non di eliminarle. Ho provato, Dio se ho provato, a ricercare qualche giornalista perchè mi aiutasse, a costo di tacere sulle mie sofferenze vissute. E' stato un enorme ... fallimento. Ora forse, in parte, esaudirò quello che ritengo un mio dovere sociale, morale ed etico.
Debbo ringraziare te, Lurella, l'admin, perchè mi invogliate a proseguire. Avrei interrotto molto prima; è una reale gioia per me leggere e descrivere ciò che ho vissuto, come una liberazione, la vera, l'unica. Leggere quelle degli altri, relativizza la tua; descrivere la propria solleva spiritualmente. Non c'è nessuno meglio di chi soffre che possa comprendere la solitudine immensa che si prova nel non poter descrivere le proprie angosce.
Un caro abbraccio da Antonio.
Inserito:  22 Ago 2009 12:12
10a Parte - Una storia: La mia vita

Giugno 1982, reimbarco. Sono in una compagnia Norvegese, su di una "car carrier" (trasporto mezzi rotabili: vetture, camion, carri armati per l'amico Saddam, ogni possibile mezzo dotato di propulsione autonoma). Sono primo ufficiale e come comandante c'è Ugo Chessa, colui che perirà nel rogo del Moby Prince, a Livorno, qualche anno dopo. I viaggi sono tra il Giappone, l'Europa, gli U.S.A., il Medio Oriente. Dopo quattro mesi d'imbarco rientro a casa per due mesi di riposo. Sbarco a Rotterdam e in treno raggiungo Ginevra, quì ad accogliermi c'è l'adorata Michèle, con la quale in vettura, attraverso il Tunnel del Monte Bianco ci dirigiamo a casa. Raggiunto il luogo di residenza, trovo mia "figlia" in braccio a mia madre. Ha 6 mesi. Mi scruta, è intimorita. Io mi accorgo di sentirmi a disagio. L'ho immaginata, idealizzata in maniera diversa. E' cresciuta ed io, non ho goduto, giorno per giorno, di tale straordinaria evoluzione. Soffro in silenzio, non è giusto trasmettere le mie sofferenze ad altri. Nei due mesi, recuperiamo entrambi il tempo perduto. Sono impressionato dal cambiamento incredibile che assisto ogni giorno. Michèle, è cambiata. Profondamente cambiata. E' divenuta mamma al 100%, con paure incredibili, ansie ed angosce continue. Non sono più importante come lo ero in precedenza.
Considerazione. Ho appreso più tardi che sovente, troppo sovente, nella coppia si manifesti questa evoluzione. Ci si dimentica che un figlio è il prodotto del proprio amore non la ragione determinante. I figli, crescendo, si allontaneranno mentre gli "amanti", dovranno continuare ad amarsi come il primo giorno. I figli sono il frutto non l'albero. Mi rendo conto che questa è una ragione fondamentale di molte rovinose rotture. La competizione che nasce è subdola, distruttiva. Chiusa la mia personalissima considerazione (di parte). Un vostro giudizio? Parere?

Reimbarco a Dublino, con una gemella della nave precedente. Un solo, lunghissimo viaggio, Il giro del mondo. Canale di Suez, porti del Medio Oriente, Pachistan, Singapore, diversi porti in Giappone, Hawai, San Francisco, Canale di Panama, diversi porti americani, Nord Europa, quindi Salerno. Sbarco, sono passati oltre 5 mesi. Ritorno al mio piccolo, dolce nido. Arricchito di nuove conoscenze, esperienze e persino di sensazioni che avrei voluto poter condividere con la mia compagna. Giunto a casa, dopo alcune settimane esplode una tragedia. Apprendiamo che il papà di mia moglie è ammalato di cancro ai polmoni. Ha 56 anni. Michèle è legatissima a lui, lo adora contrariamente a sua mamma. A settembre del 1983 ci lascia per sempre. Un cataclisma si abbatte su di noi.
Ora, abituato ad analizzare e prendere decisioni, mi rendo conto che la situazione è grave. Rischio di perdere tutto. Ho l'obbligo di cercare una soluzione, ed essa dovrà tener conto di tutto anche e sopratutto di Hélène, nostra figlia.
Ecco l'errore fondamentale commesso. Quello che in definitiva sconvolgerà la mia esistenza in modo brutale e definitiva. Per salvare un rapporto, ormai a rischio, rinuncio ai miei sogni, a tutte le aspirazioni. Decido che debbo smettere di navigare e debbo stare accanto alla mia famiglia, proteggerla, sostenerla non solo materialmente ma sopratutto, moralmente.
L'errore più grande che si possa commettere è rinunciare ai propri sogni, tanto più se coltivati con estrema passione, impegno e totale dedizione. Non esiste alcuna ragione valida nel farlo perchè con essi, si perdono i propri punti di riferimento e sopratutto il proprio spirito.

Comprendo, e ne soffro, della precarietà con cui molti giovani vedono "scorrere" la loro giovane vita; il periodo più entusiasmante e fantastico di un essere umano, non ancora provato da delusioni, frustrazioni, sofferenze, che sono inevitabili nel procedere del proprio viaggio. Inoltre, è totalmente stupido rinunciare alla straordinaria energia che essi possono apportare nel miglioramento della Società.
Sono totalmente d'accordo con il proverbio: "Se una cosa è sempre stata fatta in un determinato modo, è ora di provare a cambiare".
Il risultato è che molti si rifugeranno in falsi paradisi. Un disastro Sociale, umano ed etico.
Inserito:  23 Ago 2009 15:02
11a Parte - Una storia: La mia vita

In quel momento ho 33 anni, una ricca esperienza lavorativa, abituato a riceve grandi gratificazioni, pochisssimi i momenti di "paura" nonostante i continui rischi ed esperienze singolari. Ho collezionato amicizie, conoscenze, rapporti umani basati sulla stima, reciproco rispetto e condivisione di sacrifici, a volte, realmente notevoli. Freddo atroce, caldo umido distruttivo, orari di lavoro massacranti (12-14 ore di norma, nei porti anche 20-24; in alcune situazioni 48 ore o più consecutive. Sono fortunato, il rollio non mi crea nessun disturbo, il beccheggio un leggero mal di testa. Possiedo un "amico di viaggio" fedele e forte, che mi sostiene, non protesta mai, sopporta, è il mio fisico. Io lo rispetto, non ne abuso. Fumo, questo è l'unico vizio. Pochissimo alcool, un pò di vino nei pasti. Leggo moltissimo. Nei porti, quando franco dal servizio, visito tutto ciò che mi è possibile. Non ho mai abusato della mia posizione ed anzi, ho ferocemente difeso i più giovani ed inesperti nuovi a tale mestiere. La passione mi ha aiutato a superare ostacoli, difficoltà ed imprevisti. Ho avuto una grande, grandissima fortuna. Volere è potere ... disse qualcuno.

Ora, debbo ripartire d'accapo. Molte, troppe delle esperienze vissute non mi saranno di nessun aiuto. L'unico stimolo che possiedo sono Michèle e la piccola Hélène, tutti gli altri sono perduti. Debbo farli bastare e ... Buon Dio ci riuscirò.
Il problema più grosso è il timore di non essere capace. Nelle notti ho continui incubi, devastanti.
Dopo decine di domande scritte e corredate da informazioni sulle mie competenze, mi rendo conto che a "terra" si ragiona in maniera differente. Le qualità, le capacità, le competenze, la volontà di sacrificio e tutte le altre bellissime parole di cui, troppo sovente, ci si riempie la bocca in maniera smodata, volgare, sono di nessuna valenza. No! Più dimostri la tua volontà nel voler ricominciare da zero, più le tue passate esperienze sono state ricche, e quindi il tuo potenziale notevole ... più rappresenti un pericolo per i tanti, troppi "scaldasedie", immotivati e "ladri di stipendi". Hanno trovato il modo per rendere il "castello" inespugnabile. Non fossati, non trincee, solo un muro di gomma impermeabile fatto di modi cortesi, sorrisi compiacenti e di una marea di "servi" che li proteggerà sempre, ad ogni costo perchè, diversamente, loro stessi diventerebbero dei "mendicanti".
Nel frattempo frequento un corso per corrispondenza sui pannelli solari. Sono affascinato e comprendo che questa tecnologia sarà il futuro.
I sogni però, vanno riposti nel cassetto, nell'angolo più profondo del proprio cuore quando si hanno responsabilità così importanti come lo sono una famiglia.
A gennaio 1984 accetto di lavorare con mio padre e mia madre. Sono tappezzieri. Ricominciano i litigi, le incomprensioni, le imposizioni. Mio padre è un "pressapochista", nutre un disprezzo totale per chiunque; i clienti (tanti) sono tutti dei ... cretini. Mia madre idem.
Decido di iniziare, con mia moglie, una attività parallela sebbene su altre basi. Le paure, anzi angosce, sono immense. Le cognizioni limitatissime. Unico sostegno: una volontà d'acciaio. Un feroce desiderio di imparare, a qualsiasi costo. Sacrifici ne ho fatti tanti ed alcuni sono stati immensi. Per essere un "montanaro", andare in marina è costellato di battute, sarcasmi e pregiudizi. Io, ci sono riuscito in maniera straordinaria perchè il motore era la mia sconfinata passione ed autostima. Anche il rigore e l'intelligenza hanno avuto la loro importanza.
Ci metterò lo stesso impegno e la stessa determinazione. La sola differenza è che alla incoscienza giovanile si è sostituita la paura della responsabilità che ho nei confronti delle mie due donnine.
Accumulo una massa enorme di nozioni, che grazie alla mia intelligenza riesco a mettere a frutto.
In pochi anni, 1985-1989, riesco ad acquistarmi un terreno in posizione strategica, costruirvi un laboratorio e tanti, tantissimi clienti. Ho dovuto assumere personale. Li cerco giovani, con nessuna competenza specifica in modo che non si "portino" con loro modi di lavorare che io non considero appropriati. Li porto con me in vacanza e li considero dei figli addottivi.
Tutto però ha un prezzo e quello che io pagherò, sarà immenso, sproporzionato, ingiusto.
Inserito:  24 Ago 2009 05:11
Caro Antonio,
sono arrivata ad un punto della mia vita dove ho deciso di smettere di rimpiangere le scelte fallimentari che ho fatto in passato. Penso sempre che in quel preciso momento, il mio cuore e la mia mente mi hanno spinto a muovermi in una data direzione e, per quanto io, oggi possa pagarne il prezzo, onestamente se mi guardo indietro, compirei gli stessi errori. Quello che può contare oggi, è soltanto imparare dall'esperienza vissuta e andare oltre.
E' vero che hai rinunciato ai tuoi sogni, ma lo hai fatto per vivere accanto alla tua famiglia. Per quanto possa essere stato un errore per la tua vita, non essere così severo con te stesso. Non ti dico questo perché sono una bigotta dedita al sacrifico, tutt'altro. Ma penso che le scelte di vita, quando sono fatte con le migliori intenzioni, non sono da condannare. Certo, solo il tempo può dare una conferma, ma la vita è fatta spesso di "scommesse al buio" e nessuno ha la possibilità di essere tanto lungimirante da prevedere tutti i particolari. Riuscire a "fare pace" con noi stessi per quelle scelte che abbiamo fatto con tutto il cuore e che ci hanno solo rovinato la vita, ci può aiutare a stemperare un po' di rabbia, per impedire che ci divori da dentro in maniera irreparabile.
Quando avevo 7 anni, mio padre si trasferì all'estero per lavoro e, cogliendo questo pretesto, si separò da mia madre, anche se non legalmente, ma solo di fatto. Non l'ho più visto né sentito (mai una lettera o una telefonata) per altri 7 anni quando, una mia sorella molto più grande di me, gli fece notare che forse era il caso di "frequentarmi" e allora da quel momento, ho vissuto con lui e con la sua nuova compagna, un mese l'anno durante le vacanze scolastiche. Questo per  quattro anni. In quel periodo aveva comprato una casa al mare in Italia ed è accaduto, in seguito, che lo incontrassi qualche volta in questa sua nuova casa. Abbiamo avuto questo tipo di frequentazioni fino a quando non si è ammalato gravemente e si è ritrovato solo e abbandonato da tutti. Lo convinsi a venire a vivere da me e di farsi curare, e lui a malincuore accettò. Penso che non potevo fargli più male di così: impedirgli di fare la vittima e prendermi cura di lui, dopo una vita intera in cui lui si era preso cura di me contribuendo a malapena economicamente. Dopo sei mesi, non mi ha sopportato più e ha preferito andarsene per andare a morire all'estero a casa del figlio maschio preferito. Nonostante questi rapporti così difficili (uguali per tutti gli altri miei familiari, purtroppo), ho amato e amo molto mio padre e, nel tempo ho imparato ad accettare (a volte, anche a perdonare) le sue scelte egoiste, anche se ancora oggi ne riconosco le conseguenze nella mia vita.
Spero, dopo questa storia, tu ti senta meno colpevole verso te stesso, a prescindere da tutto il male che hai subito in seguito.
Ti abbraccio.
Inserito:  24 Ago 2009 06:02
12a Parte - Una storia: La mia vita

Il piacere immenso, profondo di essere riuscito in un'impresa rischiosa, di reimpostare da zero la mia vita lavorativa, di constatare come i risultati dimostrassero ampiamente tale riuscita, aumentò in me l'autostima ed il desederio di apprendere nuove discipline ad esso correlate. Un altro desiderio fece capolino, stimolato questo, da Hélène. Un fratellino. L'età raggiunta, 37-38 anni, e quindi, una maturità acquisita differente, "ripulita" da desiderio di avventura, sottovalutazione dei rischi (tipico dei giovani), sopratutto la consapevolezza di avere perso un periodo estremamente importante per ogni individuo adulto: il miracolo dell'evoluzione, della crescita dei propri figli. Persino l'antica angoscia si era in qualche modo placata. Avevo persino già scelto un nome, Alessandro. Desideravo ardentemente fosse un maschietto. Ora ero "spurgato" da tutte le angosce giovanili, ero pronto. In più riprese ne discussi con Michèle, ma la risposta era sempre la stessa: "allora, io smetto di lavorare". In quegli anni, pieni di ansie, di vere e proprie angosce, di incubi, il nostro rapporto si era ... raffreddato. Più di un contrasto era avvenuto. Non sò di cosa dovessi essere incolpato, proprio non lo sò. Ho rinunciato a tutto per stare al fianco di colei che amavo. Certo, alcuni aspetti caratteriali di entrambi erano usciti allo scoperto. Il suo silenzio costante, non dialogo, nessuna fantasia, senso di solitudine (padre deceduto, pochi o nulli contatti con il resto dei suoi famigliari), mai esprimere un suggerimento, desiderio o punto di vista. Da parte mia, l'abitudine ad essere totalmente autonomo nel gestire ogni aspetto lavorativo o di gestione famigliare, ad alzare la voce quando l'incomprensione totale della vicenda o dei fatti di cui si stava discutendo era evidente. Il fatto di possedere una fantasia estremamente sviluppata, e quindi, essere in grado di prevedere le evoluzioni delle situazioni lavorative e non, è (come sovente dicevo a mia figlia, in altri contesti), una moneta che presenta sempre due "facce", un'arma a doppio taglio. In alcuni momenti ti aiuta perchè non sarai mai alla rincorsa affannosa per risolvere problemi nuovi, li hai già previsti e quindi, cercato soluzioni ottimali; in altri è controproducente. Il tuo ragionamento, la tua visione anticipata, non viene compresa, percepita e quindi, nella migliore delle ipotesi, vieni definito un visionario, uno che spende energie inutilmente al posto di applicarle in modo più redditizio e sopratutto nella "norma".
Ovviamente sucessivamente, le cose procedevano esattamente come previsto. Mai l'ammisssione, mai le scuse, mai un piccolo gesto d'affetto.
I rapporti vengono quindi, gravemente, compromessi. Unico e fondamentale suo obbiettivo: fare la chioccia, la mamma al 200%. Cerco di farmi ragione di questo comportamento. Non intervengo nel loro rapporto, se non in presenza di "crisi di ribellione" da parte di Hélène. Lei ha acquisito, nel DNA, una parte del mio carattere. Non desidero assistere a conflitti che ho vissuto da ragazzo tra mia madre e mia sorella. Purtroppo, una costante nei rapporti tra le adolescenti e le rispettive mamme, pochi, pochissimi i casi in cui questi sono totalmente assenti. Le ragioni sono infinite. L'esistenza umana è costellata di trabocchetti, insidie e trappole, nessuno insegna ad essere dei genitori esemplari ed esenti dal commettere errori. L'uomo per sua natura è fallace, a maggior ragione il suo operato.
Intervengo, come raccontavo, solo in caso di evidente mancanza di rispetto e lo faccio alla mia maniera: ordine secco di smetterla.
Ovviamente, ora mi accorgo delle omissioni, degli errori commessi, per non aver, sucessivamente, discusso separatamente con loro. Il lavoro, gli impegni, a volte il tempo o il semplice "disinteresse" ad occuparmi di una faccenda conclusa, superata ha proiettato una mia immagine non reale, non corretta. Sono diventato ai loro occhi un oppressore, un piccolo deposta. Non ho mai torto loro un capello, come con alcun essere vivente sulla terra. Questo non è stato sufficente, non abbastanza. Con mia figlia, attendevo che l'età portasse il suo contributo di maturità e si "ammorbidisse" il rapporto tra le proprie responsabilità di padre e figlia. Con mia moglie, testarda e cocciuta, attendevo che l'evoluzione apportasse serenità e autocoscienza dei propri limiti. Una attesa distruttiva che ha creato solo pregiudizi e valutazioni errate.
Sul lavoro, ero molto, molto più esigente e non lesinavo ad essere autoritario al fine di raggiungere gli obbiettivi prefissati.
Di questo e sucessivo periodo, provo un dolore immane, mai una carezza, uno sguardo complice, una domenica mattina a parlare oziosi nel letto, mai il tempo per riflettere sui risultati, sui legittimi desideri. Il vuoto assoluto. Il vuoto che sarà colmato dalla solitudine tremenda.
Anche la relazione sessuale, ovviamente, ne subisce conseguenze nefaste. L'atto che la natura ci ha regalato, sì per riprodurci ma anche per cementare ed amplificare l'unione tra la coppia, a differenza degli animali o delle piante in cui solo il primo aspetto è presente, diventa non una comunione ma solo un mero "scarico" di tossine ed esercizio animalesco. Divengo così anche un maniaco ovviamente ai suoi occhi. Non sono per natura un "farfallone" e quindi non cerco "affetti paralleli". Ne soffro terribilmente e cerco surrogati che naturalmente lasceranno conseguenze devastanti di rimorso, di frustrazione e di sensi ingiustificati di colpa.
Inserito:  24 Ago 2009 07:04
Cara, carissima Laurella,
ho letto il tuo messaggio. Come premessa, ti dirò che non manterrò il "nostro" impegno nel non ringraziarci a vicenda. Perchè la mia gratitudine nei tuoi confronti è immensa. Tu mi hai "letto" con attenzione, e sei riuscita a comprendere anche gli aspetti più nascosti della mia persona. E' vero, sono un giudice severissimo nei miei confronti. Esagerato, da sempre. Le ragioni sono molteplici e tutte molto, molto serie; le conosco, cerco di porvi rimedio ma, sono ormai interiorizzate con il mio carattere e quindi, debbo conviverci.

Leggendoti, nei tuoi interventi, ho appreso molte cose di te, alcune non descritte ma per semplice deduzione; una soddisfazione mi pervade: indirettamente sono riuscito a indurre altri (in questo caso te) a raccontare e descrivere le angosce ed i tormenti vissuti. Il constatare che non si è soli a subire profonde ferite dona una marcia in più nel cercare di metabolizzare le proprie sofferenze, e per alcuni, come nel tuo caso, di trovare piccoli appigli, sparsi in ogni dove, per proseguire il proprio viaggio. E' questa forza che ti invidio e vorrei stimolare la TUA propensione di offrire una parola di conforto a tutti i sofferenti. Facendolo ne trarrai un beneficio indiretto enorme e forse, rimedierai a quello che tu dici: "errori commessi in passato".
Quindi ti ringrazio enormemente per "ascoltarmi" e per accompagnarmi in questo ultimo e breve percorso.
Una carezza affettuosa da Antonio.
Inserito:  24 Ago 2009 12:50
Caro Antonio, sono contenta di poterti ringraziare a mia volta per l'opportunità che mi dai collaborando alla vita di questo sito.
Non so se sono riuscita a comprenderti così a fondo, ma credo, per esperienza che la disperazione che conduce a desiderare di morire abbia dei tratti comuni e condivisibili pur nelle diverse vicende personali e private. Io non sono così forte e non mi sento per niente in grado di poter dare conforto a qualcuno: per fare questo dovrei realizzare almeno un minimo me stessa, e "fare pace" con me e col mondo, altrimenti agli altri non posso dare nulla. Posso dare  ascolto, questo sì, nella speranza di essere ascoltata a mia volta nel momento in cui trovo il coraggio di parlare di me.
Negli anni in cui ho fatto psicoterapia ho "imparato" molte cose. Non lo dico con superiorità ma con un'immensa vergogna: perché imparare e capire di non essere l'unica vittima al mondo, comprendere che anche gli altri possono essere travolti dalle mie scelte come io dalle loro e prendermi la responsabilità delle mie azioni, erano cose che a trent'anni avrei potuto capire anche da sola. Posso dare di questo la "colpa" ai miei genitori che a causa dei loro problemi non hanno seguito i figli abbandonandoli a loro stessi (alibi che mi sono data per anni, a cui mi sono aggrappata come ad una stampella). Ma a che mi serve? Solo a coltivare rabbia. E a non prendere consapevolezza di me stessa sia per le mie risorse creative che per quelle distruttive. Quando si desidera morire si fa di tutta l'erba un fascio.
Ma l'esperienza più importante di quei primi anni trascorsi al Centro di Salute Mentale, forse è stata quella che ho fatto nella sala d'aspetto. Fin dalle prime volte, quando entravo e salutavo per cortesia gli altri pazienti in attesa, nessuno rispondeva al mio saluto. Anche se io stavo male, riconoscevo che fuori c'era il sole e il chiasso della città, e tutte quelle attività caotiche e festose del brulicare della vita. Quando varcavo quella soglia, mi sembrava di entrare in un altro mondo fatto di sofferenza, dove anche la buona educazione non aveva speranza. Le facce di quelle persone erano tristi, gli occhi rivolti al pavimento. Un silenzio innaturale. Prendevano vita solo quando compariva il loro medico che seguivano con fiducia. E quelle persone non le ho mai incontrate fuori, per strada (la città in cui vivo è un centro molto piccolo) come se vivessero solo lì. Non mi sono mai offesa per la mancanza di risposta al saluto ma ero come sorpresa: nella sala d'aspetto del medico curante, di solito si socializza o per lo meno ci si scambia due parole. Al CSM, mai.  Le prime volte mi pesava perché davvero percepivo una cupezza tale che mi deprimeva ancora di più. Poi col tempo ho capito. Ho sentito cosa voleva dire essere "malati di mente". Quelle persone, mi comunicavano la  sofferenza, e forse la vergogna  di avere un disagio che viene discriminato con mille pregiudizi, vivendolo in una solitudine immensa, tanto da non avere  neanche il coraggio di condividerlo con chi avevano accanto, desiderando di essere invisibili, non notati. E così ho imparato a rispettarli, ad essere più discreta e soprattutto a non stupirmi più. Col tempo mi sono sentita più accettata e mi sono accorta che c'era comunque una risposta al mio saluto o a quello di rarissime altre persone che come me, salutavano. Magari, qualcuno alzava la testa, qualcun'altro sbuffava... C'erano malati di tutti i tipi, da quelli più gravi a quelli più "normali". Ed ho cominciato a sentirmi parte di loro, in quel rispettoso silenzio, la mia sofferenza era la loro e la loro la mia. Forse queste sono tutte mie fantasie ma così ho capito che non ero l'unica a star male al mondo e che proprio per questo non avevo il diritto di lamentarmi così tanto. E questo mi ha permesso di fare qualche progresso.
Credo, per esperienza personale, che  per essere ritenuti "pazzi" dai ben pensanti, molto spesso basta molto poco, basta solo essere un "po' diversi", magari ingenui, o delusi e arrabbiati. E credo che bisogna avere molto coraggio per riconoscersi una dignità di malato che, in quanto tale può anche guarire, senza che gli rimanga in eterno il marchio di "matto". E la cosa più difficile è crederci noi per primi.
Ti abbraccio.
Inserito:  25 Ago 2009 00:57
13a Parte - Una storia: La mia vita

Ora cercherò di essere il più coinciso possibile perchè ho un appuntamento importantante a cui non posso mancare.

Anni 1990-2004. L'unione di determinazione, sacrifici immensi, intelligenza, fortuna e capacità innate, hanno prodotto un risultato ricercato ma non immaginato. E' stato realmente straordinario quello che sono riuscito a ricavare dal mio impegno ed utilizzo di risorse. So che è difficile da credere, io stesso, pur essendone stato il pricipale artefice, in alcuni momenti, fatico a rendermi conto dell'incredibile successo ottenuto. Molto, moltissimo è dovuto all'amica fortuna, che mi ha assistito ed accompagnato costantemente sino, ad esaurirsi completamente anche lei. In modo inatteso, tragico.
Mi trovo spesso in difficoltà nel descrivere esattamente la mia professione. Ho imparato a fare di tutto, e tutto in maniera eccellente. In maniera inusuale per un artigiano, più simile ai risultati che si raggiungono a livello hobbistico. La differenza sostanziale tra le due tipologie consiste che la prima, essendo di carattere prevalentemente economico, terrà conto del rapporto costo-benefici; la seconda, non tenendo assolutamente conto di tale aspetto, ma solamente della soddisfazione di "fare un buon lavoro", di eccellere, di non tener conto dei fattori tempo e costo, il risultato è totalmente diverso. A favore di quest'ultimo.